Azione e reazione

Sia dannata ogni morale che non riconosce l’essenziale legame fra tutti gli occhi che vedono il sole. – Arthur Schopenhauer

L’etica, che ha l’ingrato compito di stabilire ciò che è bene e ciò che è male, non è e non potrà mai essere una scienza esatta: ogni popolo e ogni religione ha la sua idea in proposito, a volte in palese conflitto con quella dei vicini. In questa babele di opinioni esiste però un principio morale ampiamente condiviso, tanto da meritare il nome di ‘regola aurea’.

«Tratta il tuo prossimo come vorresti che lui trattasse te», «Non fare al tuo vicino quello che non vorresti fosse fatto a te», e ancora «Ama il tuo prossimo come te stesso»: troviamo esortazioni simili a queste nella Bibbia, nel Corano, nei discorsi di Buddha e in quelli di Confucio, nel pensiero di filosofi greci e romani, nei testi sacri indù e persino su antichi papiri egizi. L’idea che esprimono sta alla base dell’etica della reciprocità, sulla quale praticamente tutti – almeno a parole – si dicono d’accordo.

L’uomo però è un prodotto dell’evoluzione, che non premia l’altruismo disinteressato e nemmeno gli scrupoli morali. Accade così che anche il più sacrosanto dei principi possa venir disatteso, nella pratica, di fronte alla prospettiva di un vantaggio personale. Quante volte ti sei trovato in conflitto nel decidere che fare, di fronte ad un’azione capace di portarti un beneficio a spese del tuo vicino o dell’intera collettività? Difficilmente la ragione riuscirà a cancellare del tutto istinti come questi, forgiati durante migliaia d’anni di lotte e difficoltà. Questo non significa che sia inutile provarci, naturalmente, ma che per farlo è necessario uno sforzo consapevole.

Se siamo tutti la stessa persona, però, ogni cosa che facciamo al nostro vicino la facciamo a noi stessi: di fatto è impossibile non seguire la regola aurea, qualunque sia il nostro comportamento! Come frammenti di una sola Esistenza non possiamo sfuggire ad una legge di azione e reazione universale, secondo la quale tutti gli atti e tutte le conseguenze sono perfettamente bilanciati. Se faccio del male a qualcun altro, chiuso nella mia ignoranza, mi troverò a subire un torto esattamente equivalente, perché sarà proprio quel torto a colpirmi dove io ho colpito. Questo non significa naturalmente che non vi sia differenza tra vizio e virtù, e che il mondo sia perfettamente giusto qualunque cosa si faccia! Se tutti siamo uno una punizione non può espiare la sofferenza che abbiamo causato, e sarà bene scegliere con cura il nostro comportamento quando abbiamo la possibilità di decidere.

Dovremo dunque ponderare bene le nostre intenzioni prima di metterle in pratica. L’Esistenza è immensa, certo, e gli atomi di coscienza della tua vita ne sono una parte minuscola. Però quando provi dolore o gioia queste sensazioni non sono insignificanti, anzi sono per te l’universo intero.Nella vastità dell’Esistenza le occasioni di poter decidere consapevolmente come comportarsi sono molto rare, e per quanto ne sappiamo ci troviamo in una condizione privilegiata: le creature prive di intelletto non hanno modo di fuggire dai loro istinti e valutare le conseguenze di ciò che fanno, ma noi sì, e questo ci carica di una grande responsabilità.

L’insegnamento che otteniamo dall’Esistenza non ci aiuta a decidere se un particolare atto è giusto o sbagliato (ammesso che sia possibile operare una divisione del genere), ma offre comunque una prospettiva importante che aiuta a valutare bene le nostre scelte. Le religioni orientali parlano del karma, una sorta di legge universale di causa ed effetto secondo la quale ci ritroveremo a scontare nelle prossime vite, nel bene o nel male, le conseguenze morali dei nostri atti.

Ebbene quello che abbiamo appena scoperto ci mostra che siamo destinati a vivere noi stessi le conseguenze delle azioni che mettiamo in opera, e non in una futura vita lontana ma immediatamente, e per l’eternità. In questo contesto, invece, la nascita e la morte perdono un po’ della loro opprimente importanza. Nella realtà dell’universo stazionario nessuno nasce o muore veramente, perché tutto ciò che esiste sono gli atomi di coscienza fissi nella loro eternità.

Se siamo tristi per la perdita di una persona cara pensiamo che tutti i momenti vissuti insieme sono ancora là dove sono sempre stati, e che la mancanza che ci sta facendo soffrire non è altro che una distanza, non dissimile da quella che separa due persone lontane. Se in questo momento soffri per l’assenza di qualcuno che ami pensa che nell’infinito presente dell’Esistenza voi siete ancora insieme! Essere parte di un infinito dovrebbe spingerci a pensare meno a quello che non possiamo fare – non è certo possibile avere tutto qui ed ora – e di più, al contrario, a cogliere ogni occasione per rendere gli istanti delle nostre vite degni di essere vissuti.

Quante volte hai sentito dire che bisogna vivere il presente, cogliere l’attimo fuggente perché esso vive per un solo, brevissimo istante e poi sparisce nel passato per non tornare mai più? È una bellissima esortazione, piena di significato. Ti invito a seguirla, e vivere intensamente ogni secondo della tua vita, cercando di esserne pienamente consapevole. Ma la vera ragione per cui tutti noi lo dovremmo fare è immensamente più importante di quella appena ricordata: dobbiamo vivere pienamente e nel modo migliore ogni singolo istante non perché questo sia destinato a perdersi per sempre, ma per il motivo opposto! Quando vivi un istante felice, o hai fatto in modo che qualcun altro lo viva (sempre di te si tratta, in realtà) hai donato una gemma non solo a te stesso ma all’Esistenza intera.

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