Io sono, qui ed ora

Vedere un mondo in un granello di sabbia e un paradiso in un
fiore selvatico, tenere l’infinito nel palmo della mano e l’eternità
in un’ora. – William Blake

Tutti noi abbiamo una storia, e delle memorie. Ricordiamo molte cose, sappiamo che un tempo siamo stati bambini e che siamo cresciuti incontrando, giorno dopo giorno, nuove esperienze. Di certo anche tu ricordi dov’eri e cosa stavi facendo un minuto fa, e sei – giustamente – convinto di aver vissuto quegli eventi. Supponiamo però che io sostenga che l’universo intero è stato creato appena trenta secondi nel passato con tutte le sue particelle disposte in modo da simulare minuziosamente gli effetti di una storia millenaria, compresi i tuoi ricordi: saresti in grado di dimostrarmi che non è andata così?

Per quanto tu possa essere affezionato alla dimensione temporale della tua esistenza è evidente che tutto ciò che stai provando ora deve nascere dallo stato del tuo cervello in questo particolare momento, compresa la sensazione di essere te stesso in continuità con quello che sei stato. È ben noto che l’informazione non può venir trasferita istantaneamente da un punto all’altro dello spazio, e questo implica che i tuoi processi mentali – che elaborano, o meglio sono questa informazione – debbano basarsi solo su quella contenuta in una piccola porzione di materia, fondamentalmente quella codificata all’interno del cervello. D’altra parte non è certo possibile che questi stessi processi abbiano accesso diretto al passato o al futuro, se non attraverso il tramite indiretto della memoria o dell’immaginazione. A questa verità – di per sé evidente – possiamo dare il nome di principio della località della mente. (NOTA: La meccanica quantistica ammette interazioni non locali – il famoso entanglement – ma queste non portano mai ad un trasferimento di informazione.)

La sensazione di esserci è dunque un continuo risveglio, una sorta di miracolo che si rinnova istante per istante. Tu sei, e stai leggendo queste parole, io sono e le sto scrivendo. Il mondo vive di miliardi e miliardi di ‘io sono’, ciascuno con il suo qui e il suo ora. Ogni singolo ‘Io’ è collocato in un ben preciso punto dello spazio e del tempo, ed è indipendente dagli altri perché indipendenti sono le informazioni dalle quali esso prende vita.

Possiamo provare a guardare con l’immaginazione i momenti in cui gli esseri senzienti vivono un’esperienza interiore, provando qualcosa, e dare a ciascuno di essi il nome di atomo di coscienza. Un atomo di coscienza è la consapevolezza di sé di un io in un particolare momento e luogo, nel quale c’è la percezione di un mondo interiore e per suo tramite di un angolino di realtà. Quello che stai provando ora è un atomo di coscienza, e bisogna fare attenzione ai termini: tu non lo stai sperimentando, tu sei quell’atomo!

La ragione ci dice che ogni atomo deve essere autosufficiente, e contenere in sé tutto quanto è necessario per generare la sensazione di esserci in un particolare luogo ed un particolare momento. Ma come spiegare, allora, la familiare sensazione di essere sempre lo stesso Io, indenne nel tempo istante dopo istante? In questo momento i tuoi processi mentali possiedono informazioni molto precise e dettagliate sullo stato di una particolare serie di cervelli, enormemente più precise di quanto siano quelle che riguardano tutti gli altri: sono i tuoi ricordi, e chiami questi cervelli ‘me stesso nel passato’. È del tutto naturale che tu consideri l’atomo di coscienza che sei ora come la prosecuzione di uno appena trascorso, perché su di esso conosci moltissimo ed è logico aspettarsi che i due siano molto simili.

Dovremo considerare, dunque, la sensazione di essere un Io permanente nel tempo come una semplice illusione? Ebbene, un’illusione lo è senz’altro, ma niente affatto semplice! La sua natura immateriale non le impedisce di rappresentare qualcosa di assolutamente reale per chi ne fa esperienza. Il mondo dei simboli nel quale vivi, quello che normalmente sei abituato a chiamare la realtà, dà vita a fenomeni peculiari, che non hanno senso nell’universo delle particelle dal quale essi emergono ma che nondimeno hanno diritto a pieno titolo alla patente di esistenza. Nelle singole cellule del tuo cervello non vi può essere traccia di un mal di denti o del sapore delle fragole, e ciò nonostante il dolore e il piacere che provi sono del tutto reali. Allo stesso modo la convincente sensazione di vivere in continuità con una particolare serie di atomi di coscienza nel passato, oggettivamente illusoria, vista dall’interno diventa un ente reale e tangibile tanto quanto lo sono la Terra e il Sole.

Sentirsi un Io è un’autoillusione creata dalla mente, riproposta di continuo ogni volta che un essere prova un’esperienza consapevole. Questo ci riporta alla domanda iniziale, obiettivo della nostra indagine, senza però risolverla: se io mi sento un io e tu ti senti un io, e i nostri atomi di coscienza sono del tutto equivalenti dal punto di vista della fisica, perché io sto provando l’esperienza di scrivere queste righe e tu di leggerle, e non viceversa? In ogni momento potresti chiederti perché stai facendo esperienza proprio di quel particolare atomo e non, ad esempio, di quello del vicino o di Giulio Cesare!

La soluzione è molto semplice, e si riduce davvero ad una banale tautologia. Ogni atomo di coscienza deve per forza portare con sé la sensazione di essere quell’atomo, e non altri. Se il cervello di Giulio Cesare, con i processi mentali e le memorie di Giulio Cesare, si chiedesse «Chi sono?» non potrebbe che rispondersi «Giulio Cesare». Ogni atomo di coscienza che nascesse da quel cervello porterebbe con sé l’esperienza di essere Giulio Cesare, come quelli del mio portano l’esperienza di essere Davide Manià, e i tuoi quelli di essere te.

Sostenere che siamo tutti la stessa persona significa proprio questo, che gli atomi di coscienza sono e basta, non appartengono ad un Io ma sono essi stessi l’effimero io di un particolare tempo e luogo. Ognuno di essi contiene la sensazione di essere qualcuno in particolare, creando l’illusione di una moltitudine di Io che viaggiano permanendo attraverso il tempo.

Ti stupisci forse, quando ammiri un tramonto sul mare, nel vedere che la scia luminosa che il Sole disegna sulle onde arriva esattamente fino a te? Se tu ed io fossimo seduti fianco a fianco sulla riva dell’oceano potremmo discutere all’infinito, ciascuno convinto di essere speciale perché il Sole ha scelto di mandare i suoi raggi proprio verso di lui! Un saggio, magari un vecchio pescatore che si trovasse a passare di là, potrebbe risolvere la questione ricordandoci che i raggi coprono tutta la superficie del mare e che la linea retta che osserviamo è un’illusione dovuta al nostro personale punto di vista. La linea di luce esiste solo nella mente di chi la osserva, e ogni mente crea la sua.

Allo stesso modo un’identica sensazione di esserci è presente in tutti gli atomi di coscienza. Ognuno di essi, però, possiede informazioni solo su una minuscola porzione del Tutto, e ignorando il resto crede di essere solo ciò che conosce direttamente. Proprio com’è impossibile vedere la linea tracciata dai raggi del sole arrivare agli occhi del vicino invece che ai propri, o vedere il viso di qualcun altro nella propria immagine riflessa, ciascuno di noi non può che trovare se stesso quando si osserva allo specchio della sua mente.

Per quanto possa essere difficile devi sforzarti di concepire un solo esserci che sperimenta assieme tutti gli atomi di coscienza, ciascuno dei quali è limitato ad un particolare qui, ora ed io. Tu in questo momento provi la sensazione di essere te perché sei questo essere unico che sta guardando l’universo dal particolare punto di vista del tuo cervello, attraverso l-atomo di coscienza che da esso si genera. Allo stesso tempo lo stesso essere vede l’universo dal mio punto di vista, e da quello di tutti gli altri. È per questo che non ha senso pensare di scambiare il tuo io con quello del tuo vicino. Tu sei il tuo vicino, e lui è te!

A questo punto del ragionamento potresti porti una domanda simile a questa: in qualche modo posso anche immaginare di essere stato Giulio Cesare nel passato, o di essere qualcun altro in futuro – in fondo l’idea di rinascere dopo la morte in un corpo diverso non è inconcepibile, in linea di principio – ma come potrei mai essere tutti nello stesso momento, ad esempio adesso?

Esiste forse una sola consapevolezza, impegnata di continuo a saltare da un corpo all’altro, illuminando ciascuno di essi per un attimo prima di passare al successivo? Quest’unico starebbe provando ciò che significa essere te adesso, poi me, poi un’altra persona ancora e così via, sperimentando le esperienze di tutti e quindi ricominciando il ciclo prima che sia passato un singolo istante.

Questa idea però, per quanto possa apparire plausibile, porta ad una serie di paradossi non meno ingarbugliati di quelli che stiamo cercando di risolvere. Fortunatamente la realtà è strutturata in modo molto più semplice, tanto da rendere del tutto inutile un’ipotesi così bizzarra.

Il punto cruciale è il fuggire del presente, e l’assurdità logica insita nel pensare di essere due persone contemporaneamente. Per comprendere appieno l’unità delle esistenze dovremo allora compiere ancora un passo, nel quale vedremo cadere il velo ad una potente illusione sciogliendo nientemeno che l’arcano del tempo.

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